Trentasette anni fa l’Italia perdeva uno dei suoi giornalisti migliori, Pippo Fava, brutalmente assassinato dinnanzi al teatro Verga di Catania.

Quella scritta il 5 gennaio 1984 fu una pagina triste della nostra storia. Ci addolora e indigna la morte violenta di qualsiasi uomo. Fava, tuttavia, non era un uomo qualsiasi. Era un giornalista onesto ed appassionato al suo mestiere, un attento ricercatore della verità. Suo, nel 1981, il “Manifesto del giornalismo etico”, che scrisse quando fu chiamato a dirigere il Giornale del sud.

«Io ho un concetto etico del giornalismo. Ritengo infatti che in una società democratica e libera quale dovrebbe essere quella italiana, il giornalismo rappresenti la forza essenziale della società. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza, la criminalità, accelera le opere pubbliche indispensabili, pretende il funzionamento dei servizi sociali, tiene continuamente all’erta le forze dell’ordine, sollecita la costante attenzione della giustizia, impone ai politici il buon governo. Se un giornale non è capace di questo, si fa carico anche di vite umane. Persone uccise in sparatorie che si sarebbero potute evitare se la pubblica verità avesse ricacciato indietro i criminali. Ragazzi stroncati da overdose di droga che non sarebbe mai arrivata nelle loro mani se la pubblica verità avesse denunciato l’infame mercato, ammalati che non sarebbero periti se la pubblica verità avesse reso più tempestivo il loro ricovero. Un giornalista incapace – per vigliaccheria o calcolo – della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare, e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato capace di combattere. Il suo stesso fallimento

(Giuseppe Fava, Lo spirito di un giornale, “Giornale del Sud”, 11 ottobre 1981).

Pippo fava è morto proprio a causa di quella verità che ricercava con assoluto rigore ed onestà. La sua morte ci ha reso tutti un po’ più liberi.

Valentino Colosi