Sergio Mattarella è il dodicesimo Capo dello Stato, rieletto sabato 29 gennaio 2022 al termine dell’ottavo scrutinio con 759 voti su 983 votanti.

Si chiude così la “Partita del Quirinale”, lasciando apparentemente immutati gli equilibri politici – con Mattarella al Colle e Draghi a Palazzo Chigi – ma destrutturando e destabilizzando, invero, il sistema democratico e la stessa credibilità dell’Italia.

Non credo di esagerare utilizzando i suddetti verbi, perché, dal mio punto di vista, l’obiettivo perseguito da alcuni è stato proprio questo.

Chi nel 1994, con una operazione politicamente magistrale, creò dal nulla il centro-destra, componendo un’aggregazione di forze politiche sane, disegnando un contenitore culturale e valoriale nel quale far ritrovare e rispecchiare milioni di italiani, realizzando il polo dei moderati e conservatori – in un momento storico in cui, a seguito di Tangentopoli, era stato spazzato via il Pentapartito (Dc, Psi, Psdi, Pli, Pri), gli eredi del Partito comunista italiano (rimasto “sospettosamente” estraneo alle inchieste giudiziarie) pregustavano l’incontrastato trionfo alle elezioni politiche, mentre l’MSI era sempre stato ai margini del sistema parlamentare – oggi ha deciso di decretarne la fine (almeno nella forma fino a questo momento nota) di concerto, a me sembra, con il più giovane e probabile erede gigliato.

Il tentativo è quello di ritornare indietro, al sistema della c.d. Prima repubblica, frantumando il modello bipolare (centro-destra e centro-sinistra) nel quale sono i cittadini a scegliere chi governa sulla base di un programma e di una coalizione omogenei ben noti agli elettori, per restituire il posto al sistema consociativista, dove ciascun partito si misura per conto proprio nelle urne puntando la strategia elettorale su ciò che lo distingue e differenzia dagli altri, salvo poi accordarsi con questi, nel palazzo, su come dividere e ripartire il potere tra loro.

Non è tanto difficile passare dalle stalle alle stelle, ma è cosa ardua il contrario, soprattutto mantenendo gli stessi principi e lo stesso stile. Non tutti ne sono capaci, vi possono riuscire solo donne e uomini forti, persone vere, senza secondi fini.

Sì, è vero, non era certamente compito facile individuare una personalità in grado di ricoprire un ruolo così prestigioso e delicato che fosse condivisa dai maggiori gruppi parlamentari, e le circostanze lo hanno confermato sin dai primi scrutini. Ma il centro-destra, per la prima volta nella storia repubblicana, aveva sulla carta la maggioranza relativa dei grandi elettori: poteva e doveva riuscire a determinare la scelta.

E’ mancata la capacità di regia e di strategia in qualcuno (non è un’accusa ma un dato di fatto), la buona fede e la chiarezza di condotta in altri.

Non mi convince la giustificazione addotta da qualche parte politica che era necessario risolvere subito la questione per evitare di esporre l’Italia a una cattiva figura anche nello scenario internazionale. Quest’ultima si è consumata comunque, e nel peggiore dei modi, ma per altri profili.

Nessuna norma prescrive il limite massimo degli scrutini da effettuare per l’elezione del Presidente della Repubblica, ma solamente il quorum (dei 2/3 degli aventi diritto nei primi tre scrutini, la maggioranza assoluta negli altri, nel nostro caso coincidente con 505 voti) proprio a voler evidenziare la necessità avvertita dai padri costituenti della maggiore condivisione possibile dei componenti dell’Assemblea elettiva nella scelta della prima carica istituzionale dello Stato.

Pensate, uno dei Presidenti della Repubblica più amato dagli italiani, Sandro Pertini, venne eletto al 16esimo scrutinio nel luglio del 1978. Così anche Oscar Luigi Scalfaro nel 1992 (peraltro, in un momento storico drammatico, a 5 giorni dalla strage di Capaci, in cui trovarono la morte il giudice Giovanni Falcone, la moglie e tre agenti della scorta). Per non parlare di Giuseppe Saragat, eletto al 21esimo scrutinio, e di Giovanni Leone, eletto al 23esimo scrutinio.

La Costituzione assegna al Capo dello Stato il mandato più lungo di qualsiasi altra carica istituzionale, prevedendone la durata per 7 anni e riservandogli lo scranno di Senatore a vita alla conclusionale di tale periodo.

La sua rielezione, che non è vietata, rappresenta però una plateale anomalia, rispetto alla quale persino il Partito democratico di Letta – che nel tempo ha procurato vere e proprie picconate alla Costituzione – alla fine dello scorso anno aveva presentato un disegno di legge per vietare espressamente la possibilità di rielezione del Presidente della Repubblica, salvo aver fatto l’esatto contrario ieri.

Cosa fare ora?

Ritengo che la controffensiva lanciata già oggi da Giorgia Meloni – il cui partito, Fratelli d’Italia, al quale appartengo, è stato il più coerente e granitico in tutta questa vicenda – sia quella più corretta ed efficace da seguire: mobilitare subito gli italiani – attraverso la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare – al fine di ottenere dal Parlamento la modifica della Costituzione per l’elezione diretta del Presidente della Repubblica.

D’altronde, se nel 1993, dopo il terremoto politico-giudiziario di Tangentopoli, per consentire al sistema politico di recuperare la credibilità perduta, si pervenne (tra le altre cose) alla elezione diretta dei Sindaci e dei Presidenti delle province da parte dei cittadini, con risultati talmente soddisfacenti per il sistema democratico e la stabilità delle Amministrazioni degli Enti locali, ancor più oggi sono maturi i tempi per consentire, finalmente, ai cittadini di eleggere direttamente il “Sindaco d’Italia”.

Mobilitiamoci tutti in questa direzione, riaffermiamo il principio della sovranità popolare e con esso lanciamo un messaggio forte alla attuale classe politica, nella consapevolezza che il tempo della gloria, per qualcuno, sta per finire.

E badate bene, come la storia insegna, nemmeno l’approvazione, nelle more delle ormai prossime elezioni politiche, di una legge elettorale funzionale agli illuminati progetti degli esponenti del nuovo consociativismo, potrà resistere alla volontà popolare.

In ogni caso, e concludo, sento il dovere di augurare al rieletto Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di esercitare le sue funzioni nel rispetto della Costituzione e nell’interesse esclusivo della Nazione. E a tutti noi Italiani, di poter eleggere direttamente il suo successore.