Campioni nel mondo, anche nella pasticceria!

Nell’albo doro del 2021, che tante soddisfazioni ci ha dato, c’è anche il trionfo a Lione di Lorenzo Puca, Massimo Pica, Andrea Restuccia, che hanno imposto non soltanto il Tricolore, ma anche la tradizione e l’innovazione italiana. Bella da vedere e buona da gustare, la scultura di alta pasticceria che il team guidato dal torinese Alessandro Dalmasso ha realizzato è anche un inno alla natura e un grido d’aiuto contro la moria delle api, argomento molto caro a chi ha a cuore le problematiche ambientali.

Affascinato da tanta bellezza (non avendo, ahimè, potuto provarne il sapore!), mi sono soffermato a riflettere sull’importanza crescente della pasticceria italiana e siciliana e sulla loro evoluzione. L’occasione mi è stata offerta quasi casualmente, durante una delle mie frequenti visite al laboratorio di Soccorso Colosi (www.dolcicolosi.it), che della pasticceria, oltre che un mestiere, ne ha fatto una ragione di vita. Gualtierese di nascita, ma da sempre inserito in modo organico nelle più rinomate associazioni di settore, Soccorso non è semplicemente un “creatore di dolci”, ma è soprattutto uno sperimentatore, un ricercatore. Caratteristiche, queste ultime, che seppur apparentemente confliggenti, si sposano appieno con l’amore verso la tradizione.

Accolto da suo sorriso (ci legano un vincolo di parentela e anni di fraterna amicizia), ho appreso particolari a me sconosciuti sul campionato di Lione.

Il concorso, nato nel 1989 per iniziativa del pasticcere Gabriel Paillasson è giunto alla sedicesima edizione. Non è la prima volta che gli azzurri si impongono in terra di Francia. Lo hanno fatto nel 2015 e, prima ancora, nel 1997. Proprio quest’ultima annata, sostiene Soccorso, ha rappresentato uno spartiacque importante tra il vecchio modo di fare pasticceria e il nuovo.

Ai tempi l’Italia si aggiudicò il campionato con la torta Setteveli, realizzata dal padovano Luigi Biasetto, dal pievano Cristian Beduschi e dal pratese Gianluca Mannori. Si narra che il dolce si ispirasse alla danza dei veli di Salomè e pertanto ne rispecchiasse la sensualità.

Eppure, la torta Setteveli è considerata una delizia siciliana. Come mai?

Secondo quanto raccontatomi da Soccorso Colosi, ai tempi i tre campioni del mondo erano usuali frequentatori di un laboratorio palermitano, dove collaboravano e sperimentavano con altri giovani colleghi pasticceri, tra cui proprio Salvatore Cappello, noto a tutti come il “padre della setteveli palermitana”. La sua versione, tuttavia, è una rivisitazione in chiave siciliana del dolce, che si differenzia dall’originale per la presenza di più strati di biscuit, per l’assenza delle lamine di cioccolato e per la tecnica di montaggio degli strati.

Non chiamatela “Setteveli”, però, poiché di essa ce n’è soltanto una, quella di Biasetto, Beduschi e Mannori, che a suo tempo ne registrarono il marchio.

«La ricetta originale della Setteveli non era adatta ai gusti siciliani per la sua poca masticabilità – racconta Soccorso – Ma quelli erano altri tempi. Credo che oggi siamo maturi per accettare e gustare anche la versione originale».

L’importanza di questo dolce, tuttavia, va oltre la querelle sulla sua paternità, poiché è diventato qualcosa di ben più importante: il simbolo di un nuovo modo di fare pasticceria, un punto di non ritorno nel percorso evolutivo dell’arte di fare i dolci.

Come può, tuttavia, una pasticceria che si proietta verso il futuro rispettare la tradizione? La sfida è ardua, ma cruciale e Soccorso sta cercando di affrontarla con alcuni suoi colleghi. A legarli, oltre che la passione per i dolci, anche l’appartenenza all’associazione culturale “Duciezio” (www.ducezio.it). Già il nome, da solo, ne racchiude l’essenza, rievocando la parola “duci” (dolce) e nel contempo il più grande ed eroico re dei siculi, Ducezio. Nata nel 2009, l’associazione presieduta dal professore Salvatore Farina, collaboratore della rivista “Pasticceria Internazionale”, si propone di diffondere i suggestivi significati della tradizione dolciaria siciliana, spesso intimamente legati all’arte, alla storia e alla cultura.

Affascinato da questo goloso mondo, chiedo a Soccorso quali siano i dolci tipici della provincia di Messina e la sua risposta non mi sorprende: piparelle e ‘nzuddi. In pochi sanno, però, che tra gli ingredienti originari delle piparelle c’era anche il pepe nero, che ormai non viene più utilizzato. Il secondo biscotto, invece, era considerato in riva allo Stretto il “biscotto delle feste”. Le sue origini sono legate al monastero di San Vincenzo, da qui il nome: “Vincinzuddi”.

Inutile dire che la storia di un popolo non si scrive solo con le guerre e i trattati di pace, ma molto di più con le tradizioni. Oggi ne ho voluto rievocare qualcuna, consapevole di aver suscitato in ciascuno di voi il desiderio di dolci. E credetemi: non è un peccato di gola!