Bilancio più che positivo per il turismo milazzese. Nonostante i dati ufficiali non siano stati ancora resi noti, pare infatti che la città del capo abbia registrato un incremento notevole rispetto allo scorso anno, pari a circa il 25% in più di turisti, raggiungendo, e forse persino superando, i record dei periodi pre-covid.

A fare da traino, quest’anno come non mai, l’appeal generato dall’Area Marina Protetta, in grado di offrire agli appassionati meravigliose immersioni nei ricchi e colorati fondali del promontorio mamertino. Non meno accattivante il Museo del Mare, che conserva i resti del capodoglio Siso e ne racconta la triste storia, coniugando arte, tecnologia, letteratura e ambiente. Una volta fatto il loro ingresso nella città fortificata, ai turisti troppo spesso ignari della sua bellezza, non resta altro da fare se non visitarla, con stupore e ammirazione.

Eppure, il castello è sempre stato lì, così come il mare e le bellezze. Cosa è cambiato?

È cambiato il modo di promuovere il territorio.

Considerata fino a poco tempo fa un semplice punto di passaggio per le isole Eolie, Milazzo sta finalmente uscendo da quel limbo di indeterminatezza in cui era confinata: troppo bella per gli abitanti del luogo, sconosciuta per i turisti, che giunti al porto non avevano altro da fare se non mangiare un fugace panino in attesa del primo aliscafo o della prima nave.

Adesso Milazzo è anche altro. È, ad esempio, luogo in cui scegliere di fermarsi per una cena gourmet, e ciò grazie a diversi giovani del territorio – complice anche una scuola professionale di settore – che hanno scelto di scommettere sulla ristorazione di un certo livello.

I problemi, certo, non sono scomparsi d’incanto. Resta, tra le altre cose, la difficile compresenza con un colosso industriale troppo vicino al centro abitato.  A pensarci bene, però, anche per Venezia è così, eppure la città lagunare ha saputo mantenere, negli anni, la sua bellezza e la sua capacità attrattiva, nonostante le scomode vicinanze.

Sul fronte dei servizi, inoltre, i passi in avanti da fare sono tantissimi, così come nell’accoglienza. I pochi hotel non sono in grado di rispondere all’esponenziale aumento di domanda di posti letto e nemmeno il proliferare di bed and breakfast è sufficiente. Che dire, inoltre, della totale assenza di resort di lusso?

Il percorso da fare è, a mio modo di vedere, ancora molto lungo e non può prescindere da una considerazione: Milazzo da sola non è in grado di far fronte all’aumento della pressione turistica. Lo è, invece, l’intera vallata di cui è il punto terminale: la Valle del Mela. Un territorio senza soluzione di continuità, dalle colline al mare, ricco di spazi, di storia, di tradizione.

Non è un caso se quest’anno in alta stagione si è registrato il tutto esaurito nelle strutture ricettive di tutto il comprensorio.

Se Milazzo sta alla Valle del Mela come una parte sta al tutto, allora è ragionevole pensare che l’offerta turistica vada pensata in una logica comprensoriale che tenga conto, ad esempio, dell’appeal economico di San Filippo del Mela e di quello storico – paesaggistico di Santa Lucia del Mela.

Luogo di battaglie epiche, ma anche di intriganti storie e leggende, la vallata dei due castelli è stata anche località di caccia prediletta di Federico II di Svevia, che amava risiedere nel maniero di Santa Lucia del Mela e cacciare nei territori paludosi compresi tra Milazzo e San Filippo del Mela.

Eppure in pochi lo sanno!

Tra le campagne di Santa Marina, San Marco e Belvedere, inoltre, è nata e si è fatta strada una realtà che il mondo ci invidia: quella florovivaistica. Le piante prodotte in queste località vengono commercializzate ovunque in Europa, arrivando ad essere vendute persino in Olanda, patria dei fiori per eccellenza.

Eppure in pochi lo sanno!

Cuore e anima della Valle del Mela è l’omonimo torrente, che nei millenni, con le sue piene a volte anche devastanti, è stato in grado di plasmare ed arricchire il territorio non soltanto dal punto di vista morfologico, ma anche naturalistico.

Quello stesso corso d’acqua trasformatosi, oggi, in discarica indiscriminata di rifiuti di ogni genere e in attesa da tempo immemore di una adeguata bonifica e di una sistemazione di tipo idrogeologico. Obiettivo, questo, che oggi, finalmente, si sta cercando di realizzare attraverso il coinvolgimento delle varie istituzioni preposte e delle realtà associative, per restituire il torrente alla natura e ai cittadini che la amano e la rispettano.

Per non parlare, poi, del borgo di Sicaminò e delle cascate Cataolo; dei tanti sentieri naturalistici che dal Niceto al Mela segnano tracciati ormai ignoti ai più, da cui si possono scorgere panorami incantevoli; delle numerose chiese e chiesette presenti nel comprensorio, vere e propri scrigni di opere d’arte di assoluto pregio.

Insomma, un comprensorio ampio e multiforme, in grado di offrire ai turisti varietà di scelta.

Questo è l’orizzonte a cui guardare!

Ritengo ci siano concrete possibilità per rendere possibile tutto questo ed altro ancora, e se la strada è ancora lunga, il successo turistico registrato questa estate fa ben sperare.

La parola d’ordine, tuttavia, non può che essere una sola: collaborazione.

(Foto: web)