ART. 7 (Istituzione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia)

“1. La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la tran sfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di eguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”.

“3. In occasione della Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia sono organizzate cerimonie, incontri e ogni altra iniziativa utile per la realizzazione delle finalità di cui al comma 1. Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell’offerta formativa di cui al comma 16 dell’articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Questo articolo rappresenta, a mio modo di vedere, uno dei maggiori pericoli e vi spiegherò perché!

  • Rivela il vero obiettivo della legge, che è quello di introdurre nel nostro ordinamento, imponendola, l’ideologia gender, e ancor di più nelle scuole, eliminando la necessità del consenso informato dei genitori.

Spiegatemi perché in questo articolo è improvvisamente venuto meno qualsiasi riferimento alla disabilità – come pure all’art. 10 relativo alle statistiche sulle discriminazioni e sulla violenza – inserito, anche se in maniera forzata e solo un mese prima (ottobre 2020) della approvazione del testo definitivo del ddl Zan alla Camera dei Deputati, negli altri articoli del disegno di legge!

  • Attenzione al comma 3!

RISCHI PER LA LIBERTÀ EDUCATIVA GENITORIALE

Se il ddl diventasse legge la cultura gender diventerebbe obbligatoria nelle scuole e i genitori perderebbero il diritto di scegliere il tipo di educazione da impartire ai propri figli. Vi sarebbe inoltre il rischio per quei genitori che volessero opporsi di venire indicati come omofobi, con ogni conseguenza al riguardo: si pensi all’intervento dei Servizi sociali e alle ipotesi di allontanamento dei figli dai genitori (Bibiano, docet).

RISCHI PER LA LIBERTÀ DI INSEGNAMENTO

Quale insegnante si sentirebbe libero di insegnare, in ossequio all’art. 33 della Costituzione, sapendo che, qualora si rifiutasse di trattare l’argomento dell’ideologia gender, che gode di copertura legislativa, potrebbe incorrere nelle pene previste dal DDl Zan, in quanto considerato omofobo? Potrebbe, inoltre, essere sottoposto a provvedimento disciplinare?

Cosa penso?

Penso di avere il diritto – oltre che il dovere (come riconosce la nostra Costituzione all’art. 30) di impartire alle mie figlie l’educazione che ritengo opportuna per loro, cosciente del fatto che, nel loro percorso di vita saranno in grado di sviluppare le proprie idee in piena libertà.

Penso che la scuola italiana sia già baluardo di quotidiani percorsi di inclusione sociale e abbattimento di ogni forma di discriminazione.

Penso che introdurre la teoria gender nelle scuole di ogni ordine e grado – in particolare, nelle scuole dell’infanzia – rappresenti un atto di arroganza ideologica indegno di uno Stato democratico e, soprattutto, un pericolo enorme per i bambini, che è stato già certificato tale in altri Paesi in cui è stato sperimentato, come l’Inghilterra, che a settembre del 2020 ha definitivamente bandito dalle scuole statali ogni formazione sulla cosiddetta identità di genere, riconoscendo che questa, oltre a rafforzare anziché demolire gli stereotipi di genere, è pericolosa per i minori.

In Italia si sono già registrati vari tentativi di introduzione clandestina del gender nelle scuole. Da alcuni anni, il testo teatrale più rappresentato in certe scuole italiane non è stato un classico di Pirandello o di Goldoni, ma “Fa’afafine”, storia di un ragazzino gender fluid. Lo spettacolino “drag” per le scuole elementari e materne è ormai un must anche in Italia, sul modello delle Drag Queen Story Hour americane (l’ultimo caso a Roma prima del Covid, con patrocinio del Comune). Da anni in Emilia Romagna e in seguito anche nelle Marche il progetto “W l’Amore” (educazione affettiva e sessuale per le scuole secondarie) tiene i temi Lgbtqia+ al centro della sua offerta formativa. E giusto poche ore prima che alla Camera passasse la legge Zan il Consiglio comunale di Torino ha approvato una mozione che impegna gli educatori dei nidi e delle materne a una formazione continua sul gender (fonte, Avvenire, 22/11/2020).

Penso che un insegnante debba individuare i percorsi educativi liberamente, come sancito dall’art. 33 della Costituzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.

Con questo e altri post precedenti ho tentato di dare il mio contributo al comune dibattito su questo disegno di legge che il Senato della Repubblica si appresta in questi giorni a discutere e votare.

Ripropongo, anche alla fine di questo percorso, la domanda più volte ripetuta in precedenza: perché la Sinistra italiana (PD, LEU, M5S) si ostina tanto ad approvare il ddl Zan?

Non so darvi una risposta. Di certo, ho ben chiari i rischi a cui l’approvazione di queste norme condurrebbe.

E allora, mi piace concludere con una frase di Agostino d’Ippona, il quale diceva: “La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio”, e con un commento della stessa attribuito a suor Anna Monia Alfieri, volto noto ai mass-media: “Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle: dobbiamo cominciare ad avere sdegno e il coraggio di comprendere per cambiare”.

Non facciamoci imbavagliare. Esprimiamo forte il nostro dissenso:

NO DDL ZAN!