Si sono svolte questa mattina le esequie dell’Ambasciatore Francesco Paolo Fulci nel Duomo di San Filippo del Mela, città nella quale affondano le radici della sua famiglia e dove ha voluto che le sue spoglie mortali trovassero dimora.
Non ho avuto la possibilità di conoscerlo personalmente ma sento il dovere di rendere omaggio a una figura contemporanea tra le più insigni di questa nostra martoriata Terra di Sicilia, che ha rappresentato l’Italia nel mondo, restituendole prestigio e primati che per storia e cultura le sono propri.
Basterebbe enucleare gli importanti incarichi istituzionali dal nostro ricoperti nell’arco della longeva carriera diplomatica per mostrarne subito il profilo: ambasciatore dell’Italia in varie capitali del mondo – tra cui Tokio, Parigi, Mosca – e in Canada; rappresentante permanente dell’Italia alla Nato (sede di Bruxelles); segretario generale del Comitato esecutivo per la sicurezza e l’intelligence (Cesis). Il ruolo in cui, tuttavia, poté meglio esaltare le sue qualità diplomatiche fu quello di rappresentante permanente dell’Italia alle Nazioni Unite, che ricoprì per sei anni, dal 1993 al 1999, nel corso dei quali fu per due volte presidente del Consiglio di Sicurezza, primo degli eletti nel Comitato Onu per i diritti del fanciullo a Ginevra, presidente del Consiglio economico e sociale (redigendo e facendo approvare, tra le altre cose, il “Manifesto contro la povertà”). In quel periodo, grazie al suo approccio innovativo nella diplomazia multilaterale, riuscì a far vincere all’Italia ben 27 su 28 competizioni elettorali – un record mai prima d’allora raggiunto e fino ad oggi non ancora eguagliato – e scongiurò il tentativo di Germania, India, Giappone e Brasile di ottenere un seggio permanente nel Consiglio a scapito di altre nazioni meno qualificate, tra le quali l’Italia.
Vi sono però altri aspetti che, a prescindere dai ruoli ricoperti, mi hanno maggiormente impressionato della figura dell’ambasciatore Fulci: la centralità che diede alla cultura e la caparbietà nel rivendicare e promuovere l’importanza dell’Italia nel quadro geopolitico mondiale.
A questo proposito, mi piace riportare delle dichiarazioni dallo stesso rese in occasione di alcune interviste alla Gazzetta del Sud, il cui contenuto rappresenta la sintesi di un manifesto di valori al quale egli improntò la sua vita.
“La cultura è il veicolo fondamentale per far crescere l’umanità e per dirimere i conflitti. La società civile non deve abdicare ai suoi compiti ma deve sottoporre a un continuo monitoraggio la classe politica. Che se non va, deve essere spazzata via”.
Su Messina – che gli diede i natali e dove compì il suo iniziale percorso formativo fino al conseguimento della laurea in Giurisprudenza – ebbe a dire: “Questa città è l’ombelico del Mediterraneo, deve valorizzare la sua posizione senza farsi surclassare dalle altre grandi direttrici, quella iberica e quella balcanica. Non ce la potremo prendere con nessuno se saremo emarginati. Se non sapremo valorizzare questa posizione sarà stata solo colpa nostra”.
Sull’esempio di Francesco Paolo Fulci, l’auspicio è che il sistema Italia punti molto sulla formazione della sua classe dirigente, affinché questa sia sempre più qualificata, agisca con rettitudine, fermezza e determinazione nell’interesse generale, rivendichi il primato culturale e geopolitico dell’Italia in ogni contesto, ne difenda il decoro e ne rafforzi il prestigio, valorizzi le numerose potenzialità di cui è intrinsecamente dotata.
E per farlo, bisognerà privilegiare il confronto, il dialogo, l’approfondimento, il buon senso, l’equilibrio, tenere buone relazioni con tutti: insomma, si dovrà avere una cultura diplomatica, quella che l’ambasciatore Fulci dimostrò di possedere ed esercitare con talento e naturalezza, tanto da essere stata ritenuta leggendaria.
Se così non sarà, se non sapremo valorizzare le nostre risorse, saremo destinati a ricoprire un ruolo subalterno nello scenario internazionale, in danno del nostro popolo e in spregio di quanti, prima di noi, hanno fatto grande l’Italia nel mondo. E la colpa sarà stata solo nostra.
Alla moglie, sig.ra Claris Glathar Bazan, ai figli Sebastiano, Marie Sol e William, ai nipoti e parenti tutti, il mio più sincero cordoglio. Possa la sua anima riposare in pace.
(Foto: web)