Mens sana in corpore sano, dicevano i latini, che non sbagliavano mai nella definizione di un concetto, perché espressione e frutto di profonda osservazione dei fatti della vita.
Eppure, la pratica dello sport – unanimemente consigliata per migliorare la qualità della vita delle persone, stimolata finanche e soprattutto in campo medico per la straordinaria capacità di contrasto che l’attività fisica esercita sull’insorgenza di molteplici patologie – è stata letteralmente bistrattata dalle misure anti-covid attuate dal Governo centrale (a tinta giallo-rosso prima, “multicolor” oggi).
Al danno si aggiunge la beffa degli operatori del settore, costretti già dallo scorso anno a chiudere le loro attività, effettuare costosi investimenti per adeguarle alle prescrizioni imposte, ed infine a richiuderle proprio all’inizio della stagione lavorativa.
Anche in questo caso, come nelle precedenti occasioni, ho incontrato alcuni di loro, per ascoltare le opinioni autentiche di chi, ancora oggi, si ritrova senza certezze per il futuro.
Mi ha impressionato, intanto, la comune valutazione del fenomeno in chiave critica da parte delle persone intervistate, come pure la medesima strategia di risoluzione del problema.
Questi gli aspetti più rilevanti che sono emersi.
Se da un lato è stato chiesto ai titolari delle società/associazioni sportive di farsi carico di vari oneri per poter riprendere le attività (acquisto dei prodotti e dei servizi certificati per igienizzare i locali; adeguamento delle strutture e dell’organizzazione delle palestre e delle scuole di ballo ai rigorosi protocolli di categoria, nel rispetto del distanziamento delle persone e degli attrezzi; moltiplicazione dei turni di attività per garantire la partecipazione in sicurezza degli iscritti; ecc.), ciò nonostante, e per altro verso, è stato loro vietato, per la maggior parte dell’anno solare, di poter svolgere il proprio lavoro.
E quando è stata loro consentita l’apertura, la stagione era già irrimediabilmente compromessa. Perché per il titolare di una palestra o una scuola di ballo, iniziare l’attività alla fine di maggio (così il Governo ha deciso nel 2020 e pure quest’anno) è come permettere al gestore di un lido di aprire solo alla fine di agosto. E, conseguentemente, disporne la chiusura a ottobre significa decretarne la fine.
Da più parti ho sentito dire che le misure adottate dal Governo sono risultate inadeguate, lontane dalle reali esigenze del settore, come se queste non fossero nemmeno conosciute; che il Coni non ha tutelato lo sport, e nemmeno le associazioni di categoria sono state all’altezza del ruolo, non avendo esercitato valide ed efficaci iniziative a sostegno degli interessi del comparto. Invero, è trapelata, anche, la consapevolezza di una mancata capacità – invece mostrata dai ristoratori e altre categorie – di fare gruppo territorialmente per cercare di riuscire a incidere ai vari livelli istituzionali come portatori di interessi diffusi.
Nel frattempo, però, si è registrato un crollo degli iscritti, per lo più fra i più giovani, colpiti da una sorta di sociopatia volta a fuggire le relazioni ed evitare i luoghi, anche sportivi, in cui queste si alimentano; si è notato un forte regresso tecnico delle prestazioni di coloro che hanno ripreso le attività; si è avvertita la mancanza di riferimenti e indicazioni certe per programmare la prossima stagione sportiva.
Quali, allora, le iniziative da attuare? Ecco alcune proposte provenienti dalle persone intervistate:
- consentire l’apertura delle palestre e delle scuole di ballo, nel rispetto dei protocolli, senza la spada di Damocle di una possibile nuova chiusura in autunno;
- portare al 100% il credito di imposta sugli affitti per tutto il periodo dello stato di emergenza e in relazione ai mesi di chiusura delle attività;
- sospendere il pagamento dei tributi e delle utenze per i periodi di chiusura delle attività, con abbattimento dei costi dovuti ai mancati consumi (si pensi al caso della tassa sui rifiuti) e delle spese fisse delle utenze (come i costi di gestione e dei servizi di rete);
- consentire l’accesso al credito ai titolari di società/associazioni sportive senza tenere conto delle formalità pregiudizievoli determinatesi nel periodo della pandemia;
- introdurre un bonus a favore dei cittadini per stimolare la ripresa delle attività sportive e contrastare il crollo delle iscrizioni;
- assegnare contributi pubblici per l’organizzazione di eventi volti a sostenere e promuovere il settore.
Oggi, molto più che in passato, gestire una palestra o una scuola di ballo significa fare significativi investimenti in professionalità, attrezzature, livelli qualitativi dei locali. Non è accettabile che questo settore, che svolge un rilevante ruolo sociale, continui ad essere penalizzato, bistrattato, mortificato.
Alle Istituzioni l’ultimatum di intervenire con efficaci misure di tutela e valorizzazione degli operatori del cosiddetto sport di base.
A ciascuno di noi la possibilità e il compito di contribuire a risollevarlo attraverso il ritorno alla pratica sportiva.
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