Il messaggio lo abbiamo ricevuto tutti, eppure molti, spaventati dall’idea di perdere la propria privacy, non hanno ancora “accettato”, attendendo per farlo il termine ultimo dell’8 febbraio.
Il riferimento è al pop up con cui WhatsApp, la piattaforma di messaggistica istantanea più popolare al mondo, ha avvisato i propri utenti della modifica unilaterale dei nuovi termini di servizio e dell’informativa sulla privacy.
È innegabile che l’out – out dell’avviso (“Toccando ‘accetto’, accetti i nuovi termini e l’informativa sulla privacy, che entreranno in vigore l’8 febbraio 2021. Dopo questa data, dovrai accettare questi aggiornamenti per continuare ad utilizzare WhatsApp”) abbia suscitato polemiche. Per settimane abbiamo assistito al dibattito tra gli oltranzisti, fautori di un abbandono della piattaforma in favore di altre quali, ad esempio, Telegram o Signal, e i moderati, che hanno evidenziato come la legislazione europea in materia di privacy rappresenti una garanzia di tutela.
A calmare le acque ci ha pensato la stessa piattaforma, attraverso un messaggio su Twitter di Niamh Sweeny, director of Policy for WhatsApp, EMEA, il quale ha spiegato che la condivisione dei dati con gli utenti europei di Facebook sarebbe possibile solo “dopo aver raggiunto un accordo con la Commissione per la protezione dei dati irlandese” (l’azienda titolare dell’applicazione, in Europa, ha la sua sede legale in Irlanda dal 2015).
In altre parole il GDPR, ovvero il Regolamento europeo sui dati personali, al momento sembrerebbe tutelarci da questa possibilità.
Per evitare di perdere utenti, WhatsApp in questi giorni ha persino aggiornato il proprio stato con 4 stories, di cui due dedicate al tema della privacy e alla sicurezza delle conversazioni con crittografia end-to-end.
Capite bene che, per quanto rassicurati e protetti dalle nostre leggi, la questione offre numerosi spunti di riflessione.
Che la nostra privacy venga ormai costantemente violata non è infatti una novità. E ogni volta che accade è perché noi stessi, accentando alcuni termini, autorizziamo chi ce li sottopone a farlo. Ciò vale anche per WhatsApp, che condivide con Facebook dati al momento solo per scopi tecnici o di sicurezza, non commerciali o di marketing. L’intervento del Garante italiano per la Privacy – che ha portato la questione all’esame dell’EDPB, il Comitato europeo per la protezione dei dati, riservandosi la possibilità di intervenire in via d’urgenza qualora lo ritenga opportuno – ci impensierisce.
Il dubbio si insinua e cresce se riflettiamo sull’acquisizione di WhatsApp da parte di Facebook. Che convenienza avrebbe avuto il colosso di Zuckerberg a spendere, nell’ormai lontano 2014, ben 19 miliardi di dollari per acquistare una piattaforma che eroga un servizio gratuito di messaggistica?
Per quanto magnanimo possa essere il “magnate” dei social, risulta evidente un interesse economico legato all’acquisizione e vendita dei dati personali degli utenti per fini commerciali. Prima o poi, insomma, potrebbero riuscire ad aggirare l’ostacolo e trovare un’intesa migliorativa per loro.
La questione, capite bene, non è se abbandonare o meno WhatsApp, quanto piuttosto quella di prestare attenzione nella condivisione delle proprie informazioni. Essere parsimoniosi e consapevoli, in tal senso, è sempre una buona norma da preferire e adottare.