Si è conclusa ieri una settimana importante per l’ecumenismo. Dal 18 al 25 gennaio di ogni anno si celebra infatti la settimana di preghiera per l’unità dei cristiani di tutte le confessioni. Mai come quest’anno c’è bisogno di riscoprire le nostre radici comuni. La crisi legata alla pandemia spero abbia rafforzato in ciascuno di noi credenti il bisogno di sentirci autentici cristiani e, nel contempo, ci abbia fatto comprendere l’importanza di un cammino comune europeo. Torna pertanto, e si impone con prepotenza, un binomio per troppo tempo ignorato: Europa e Cristianesimo. Messo in crisi dalle conquiste laiciste del 1968, ma anche da contrasti interni tra forze progressiste e identitarie, il Cristianesimo, pur nelle sue molteplici varianti e confessioni, sente oggi più che mai il bisogno di riscoprire le proprie radici. Il vecchio continente, dal suo canto, avverte la necessità di interpretare la sua vocazione interculturale, per riaffermare l’originario progetto di Europa dei Popoli, fino ad oggi apparso sacrificato da logiche economico-finanziarie imposte dai Governi più influenti.
Cito a riguardo una bellissima lettera che Papa Francesco ha inviato il 22 ottobre 2020 al Segretario di Stato S. Em. il Card. Pietro Parolin in occasione di alcuni anniversari che ricordano le relazioni tra la Santa Sede, gli episcopati europei e l’Unione Europea:
“Nel nostro tempo che sta dando segno di ritorno indietro, in cui sempre più prevale l’idea di fare da sé, la pandemia – scrive il Papa – costituisce come uno spartiacque che costringe a operare una scelta: o si procede sulla via intrapresa nell’ultimo decennio, animata dalla tentazione all’autonomia, andando incontro a crescenti incomprensioni, contrapposizioni e conflitti; oppure si riscopre quella strada della fraternità, che ha indubbiamente ispirato e animato i Padri fondatori dell’Europa moderna, a partire proprio da Robert Schuman”.
Il Pontefice, riprendendo una esortazione che fu cara a San Giovanni Paolo II, lancia un appello all’Europa affinché ritrovi se stessa:
Ritrova dunque i tuoi ideali che hanno radici profonde. Sii te stessa! Non avere paura della tua storia millenaria che è una finestra sul futuro più che sul passato. Non avere paura del tuo bisogno di verità che dall’antica Grecia ha abbracciato la terra, mettendo in luce gli interrogativi più profondi di ogni essere umano; del tuo bisogno di giustizia che si è sviluppato dal diritto romano ed è divenuto nel tempo rispetto per ogni essere umano e per i suoi diritti; del tuo bisogno di eternità, arricchito dall’incontro con la tradizione giudeo-cristiana, che si rispecchia nel tuo patrimonio di fede, di arte e di cultura”.
Papa Francesco sogna un’Europa amica della persona e delle persone, solidale e generosa, “sanamente laica”, in cui Dio e Cesare siano distinti ma non contrapposti.
“Sono finiti i tempi dei confessionalismi, ma – spiega ancora – anche quello di un certo laicismo che chiude le porte verso gli altri e soprattutto verso Dio, poiché è evidente che una cultura o un sistema politico che non rispetti l’apertura alla trascendenza, non rispetta adeguatamente la persona umana. I cristiani hanno oggi una grande responsabilità: come il lievito nella pasta, sono chiamati a ridestare la coscienza dell’Europa, per animare processi che generino nuovi dinamismi nella società. Li esorto dunque a impegnarsi con coraggio e determinazione a offrire il loro contributo in ogni ambito in cui vivono e operano”.
In un’Europa che sembra aver smarrito se stessa, ritengo, pertanto, che il Cristianesimo possa continuare ad offrire un modello da seguire: puntare alla ricerca dell’unità non attraverso l’omologazione e la perdita delle singole identità, ma nella loro valorizzazione.